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Dojo Eleonora Krav Maga Training

giovedì 5 maggio 2011

Antiaggressione femminile: non solo tecnica


Molte volte mi trovo a rispondere a domande su quanto siano efficaci i corsi di difesa personale femminile, o quanto effettivamente sia possibile difedersi per una donna contro uno o più uomini intenzionati a farle del male.

Premetto che molti esperti di arti marziali si sono prestati, ed ancora si adoperano, per sviluppare tecniche di difesa personale femminile di facile apprendimento e applicazione, tecniche che possano essere utili in casi di aggressione alle donne, sono pochi però quelli che si rendono conto che un corpus di tecniche non è sufficiente perchè diventi realmente un metodo simmetrico ed efficace per la “donna media” che si troverà un giorno in condizione di utilizzare questo metodo che , se pur valido, non può essere definito “antiaggressione femminile”, poichè lo stesso termine implica una serie di altri fattori fondamentali.

Le donne devono imparare a combattere e a difendersi con “armi” che sono loro congeniali e innate, la tattica e la strategia, queste sono e devono essere le vere colonne portanti dei corsi di Antiaggressione Femminile e il vero sviluppo di tale sistema devono partire da una “autocosicenza del potenziale femminile” sicuramente diverso da quello maschile, quindi non è solo questione di tecnica ma anche di evoluzione del pensiero steriotipato.

Come praticante da oltre trent’anni di karate sarei propenso a dire che “ se un uomo alterato, seriamente intenzionato a fare del male ad una donna, l’aggredisce per lei non c’è nessuna speranza di difesa”. Questo è uno stereotipo fortemente insito nella maggior parte degli uomini che ci portiamo dietro da miglia di anni, forse ancora radicato al “Codice Babilonese” sullo stupro delle donne che prevedeva la pena da infliggere al reo ma contemporaneamente anche l’uccisione della vittima dello stupro. Fortunatamente, contemporaneamente alla mia esperienza di praticante e insegnante di karate, ho maturato disparate altre esperienze trasverali sviluppate in situazioni diverse dove comunque la difesa personale, anche quella armata, e l’atteggiamento psicologico rivestono grande importanza come, per esempio, nell’ambito del Law enforcement, dove, in situazioni di stress intenso, ho potuto assistere a capovolgimenti di risultati a vantaggio delle donne che hanno cambiato la mia “visione maschilista” di concetto che la di difesa personale è di solo appannaggio maschile.

L’autodifesa non è solo tecnica, ma è soprattutto tattica e strategia: se parliamo di qualcosa che coinvolge la “tattica e la strategia” possiamo facilmente comprendere come questi due aspetti non appartengono solamente all’universo maschile, anzi, l’intelligenza e la capacità decisionale nella difesa personale possono portare vantaggi, che se adeguatamente sfruttati, rappresentano in primis la migliore e più efficace difesa personale e in secondis, l’unica vera “sorpresa” che può capovolgere l’esito dello scontro.
Personalmente consiglio, a quanti si preoccupano della sicurezza delle donne e ritengono che i corsi di autodifesa femminile siano inutili e ingiustificati, di studiarsi attentamente tutte le casistiche sulla materia e, con loro stupore, rileverebbero che in molti casi dove la donna aggredita è riuscita a scappare, a reagire, a gridare, a telefonare, a dissuadere verbalmente e psicologicamente un attacco, la difesa personale femminile è stata possibile ed efficace in quanto la donna era stata messa in condizione di “sapere come fare” ad usare non solo la tecnica ma anche la tattica e la strategia.

La difesa personale è principalmente “tattica e strategia”, anche in ambito militare operativo quando un’azione non è efficace, la tecnica incide non oltre il 20 % il resto delle lacune è da attribuire semmai alla tattica e alla strategia sbagliata.

Diverse ricerche ci dicono che le donne sono in grado di decifrare molto meglio degli uomini “i segnali della comunicazione non verbale”, esse riconoscono nella postura, nei gesti preliminari e nel tono della voce lo stato intenzionale della persona che si trova di fronte: queste condizioni, se opportunamente sviluppate, potrebbero dare anche un “vantaggio tattico” che si trasformerebbe, per esempio, in una manciata di secondi di vantaggio che potrebbero bastare alla vittima per sottrarsi all’aggressione, a scappare e/o chiedere aiuto.

I corsi di antiaggressione femminile non sono e non devono fermarsi a semplici allenamenti improntati sulla fisicità e sulla tecnica, questi devono essere visti come momenti di confronto, di rievocazione, di conoscenza culturale e di una nuova coscienza di classe utili a cambiare anche la mentalità delle donne ma sopratutto quella di molti insegnanti che intravendono nella difesa personale un buon bussiness ma troppe volte sono loro stessi a non crederci, o in altri casi (ancora più pericolosi del primo)dove alcuni istruttori sono convinti che sapere tirare un calcio o un pugno sia sufficiente alla difesa, questo purtroppo non è quasi mai vero, in molti casi ho potuto verificare che anche avere a disposizione “un’arma letale”, come nel caso delle forze di Polizia o di quanti si occupano di sicurezza armata, non garantisce agli operatori armati di riuscire a difendersi in modo efficace e sopratutto la difesa, sia che si utilizzi la forza fisica o delle armi da fuoco, senza la dovuta tattica diventa inefficace e pericolosa per chi la mette in atto.

Ciro Varone